Urge una politica che sia tale e davvero nuova,
capace di coraggiosi cambiamenti.
Già nel 1900, ben prima dei liberi mercati e della globalizzazione della finanza, il filosofo tedesco Georg Simmel, tra i padri della sociologia, si rese conto del mutamento in atto del ruolo del denaro nella società. Ne pubblicò un interessante volume, dal titolo “Filosofia del denaro”, in cui si svolge un’approfondita analisi dimostrando come il denaro sia il chiaro esempio di un mezzo che diventa un fine. Perso infatti ogni aggancio con contropartite reali, quali l’oro, le banconote non hanno un valore intrinseco, che è rappresentato dalla sola carta su cui sono stampate, ma per la collettività hanno un valore in sé, che se non è materiale diviene allora quasi “spirituale”, finendo così con l’essere desiderate, volute, cercate ad ogni costo, persino idolatrate. Chi le detiene si sente potente, protetto e chi ne decide la stampa e le regole della circolazione appartiene ad un’autentica élite, che certo non è disposta a perdere il proprio ruolo dominante ed è, di fatto, al comando reale della società.
Ho inteso negli anni il significato di quello che da bambino mi era parso poco più di un gioco, messo in pratica in classe dal maestro di scuola. Ci faceva raccogliere fogli doppi, in base ai risultati scolastici, premiandoci con quelli e si attribuiva ad essi un valore, usandoli come “moneta” di scambio per le attività di classe. Quell’insegnamento non va perso, nel suo significato profondo: i soldi sono “fogli di carta”, da usare nel giusto modo, senza farsi usare da essi. Oggi vediamo quanto fosse profetica l’analisi di Simmel, compiuta ben 115 anni fa.
Più ancora di allora il denaro è divenuto nel frattempo immateriale, sintetico, intangibile, persino virtuale, ma onnipresente, come una “spiritualizzazione” del male.
Persone, intere famiglie, la stessa società ne sono condizionate pesantemente, se non ne sono schiave e troppo spesso vittime.
Lo stesso Papa Francesco lo individua come il male del nostro tempo, nel suo uso distorto e nella sua perversa presenza, totalizzante l’esistenza di troppi individui, resi ciechi dall’ingordigia e dalla sete di possederlo, tanto insaziabile quanto fuorviante la loro stessa esistenza, di cui è capace di farne perdere il senso e l’autentico significato.
A Santa Marta, il 20 settembre 2013, Papa Francesco, con la sua consueta forza e chiarezza evangelica, durante l’omelia, dopo aver ribadito che: “Non si può servire Dio e il denaro”, ha aggiunto: “C’è qualcosa nell’atteggiamento di amore verso il denaro che ci allontana da Dio. Ci sono tante malattie, tanti peccati, ma Gesù su questo sottolinea tanto: l’avidità del denaro, infatti, è la radice di tutti i mali”. Grande è il rischio per gli stessi credenti: “Io sono cattolico, io vado a Messa, perché quello mi dà un certo status. Sono guardato bene… Ma sotto faccio i miei affari, no? sono un cultore del denaro… Si tratta di uomini corrotti nella mente! Il denaro corrompe! Non c’è via di uscita. Se scegli la via del denaro alla fine sarai un corrotto. Ecco perché, – ha avvertito il Papa – Gesù è tanto forte su questo argomento”.
Capiamo bene, allora, quanto importante sia il compito di chi ha ruoli di governo su un tema tanto centrale quanto decisivo per il futuro della stessa umanità. Chi detiene il denaro, chi ne decide la stampa, la circolazione e le sue regole, di cambio e di prestito, ha delle precise responsabilità che si identificano nei nomi e volti degli uomini dell’alta finanza speculativa e dei banchieri del solo profitto, spesso tali da generazioni e per censo. Sono loro che, a partire dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale, impongono le loro volontà in club esclusivi e più o meno segreti e nei consigli di amministrazione che contano, compresi quelli delle Banche centrali da loro controllate unitamente alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) con sede a Basilea, la madre di tutte le Banche centrali, che da sola dirige l’intero sistema mondiale ed opera al di sopra delle stesse leggi nazionali e viene per questo definita come “la banca delle banche”, la più potente al mondo.
Completa il quadro della cupola finanziaria globale il Fondo Monetario Internazionale, che assieme alla Banca Mondiale si trova nelle stesse mani.
Se questa è la realtà del controllo del denaro nel mondo, la sua eccezionale rilevanza sociale e le gravi logiche di interesse privato che ne sovraintendono la gestione, ci si rende facilmente conto che per far fronte ad una tale mostruosa idra, una piovra tentacolare diffusa ovunque nel mondo e che condiziona le maggiori democrazie, finanzia partiti condizionandoli ed ispira e sorregge politici in carriera oltre che le scelte inconsapevoli di milioni di individui, ci vuole ben più di un “Davide” ispirato, che è merce davvero rara ai nostri giorni, in cui abbondano piuttosto nani e marionette.
Questa “piramide” delle lobby del potere detta pertanto legge e detiene così, di fatto, le sorti d’intere popolazioni, che necessitano di denaro e credito per lavorare e vivere e, troppo spesso, faticano invece a sopravvivere quando non muoiono di fame, costrette spesso a subire guerre od epocali migrazioni, che suscitano sofferenza in chi emigra e non sono prive di gravi problematicità laddove sono disordinatamente indirizzate. Qualcuno subdolamente le alimenta e dirige, dietro le quinte, allo scopo ultimo di arricchire ulteriormente chi è già ricco e vuole anche in questo modo mantenere ed anzi accrescere i propri privilegi.
Eppure basterebbe poco, volendo, per ricondurre il denaro a strumento e non a fine, per togliergli quell’anima “malata” e farlo divenire elemento sociale di crescita condivisa e per il bene comune, a vantaggio di tutti, a partire dai più deboli e bisognosi.
Bisognerebbe cambiare “il banco” di questo Monopoli truccato e dare alla politica la dignità che le compete, quell’esercizio più alto della carità caro alla Chiesa ed alla collettività le chiavi di un sistema finanziario strutturalmente cambiato e realmente trasparente ed etico, andando ben oltre la facciata e le operazioni di imbellettatura e di marketing, che anche nell’oggi vediamo furbescamente praticare.
Serve quindi un “ethos”, un sentire intimo profondo e reale, capace di autentiche novità e per realizzarlo servono uomini nuovi, capaci di cambiamenti autentici e non quelli che un potere di parte, in mano sempre agli stessi, ci presenta come le “novità” od i “cambiamenti” del momento e che sempre più, purtroppo, sono solo la teatrale sostituzione, da loro diretta dietro le quinte, dei burattini di turno, a non importa quale partito appartengano, ma attaccati ai soliti fili, in mano ai medesimi tristi figuri.
Alessandro Piergentili
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