LIBERACI DAL VELENO

UN’APOCALISSE, SOPRAVVIVERE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

 

 

La sofferenza è il primo pensiero: in questi mesi tanta, presente, diffusa, anche muta e spesso solitaria.      Ciascuno di noi ha perso conoscenti, amici, persino parenti, in questa tragica e surreale lotta contro un nemico venuto da lontano, non visibile e per questo ancora più subdolo, che per vivere e riprodursi ha bisogno di insinuarsi ed attingere in organismi vivi, deprimendoli e ammalandoli, in molti, troppi casi, fino a condurli alla morte.

Uniamo il ricordo e la preghiera, per quanti se ne sono così andati troppo in fretta, da mattina a sera, in brevi malattie spesso concluse col soffocamento, morte atroce ed ancora più vigliacca se costretti persino ad affrontarla da soli, senza nemmeno il calore vicino di uno sguardo affettuoso, di un’ultima attenzione, morire così senza nessuno vicino, dopo una vita trascorsa coi propri cari, amandoli e stringendosi a loro, anche fisicamente, … cosa può esserci di peggio?!…  E’ triste e difficile morire, è inumano farlo soffrendo isolati e soli.

Che questi nostri fratelli e sorelle, ora nella vita piena senza fine, sentano il calore della nostra affettuosa vicinanza, unita al ricordo e la gratitudine per quanto hanno fatto e prodotto in vita, oltre che per le loro sofferenze ed angosce, patite in questo tempo buio, al confine con la morte.

Stiamo vivendo realmente un tempo inimmaginabile, a tutti gli effetti un’apocalisse, cioè una “rivelazione” e difatti, ai nostri occhi, oltre le gravi preoccupazioni e le paure si mostrano effetti che ci hanno generalmente “sconvolto”, sia pure per contro persino umanizzandoci in qualche aspetto.   Non ultimo pare che tra tanti lutti si sia invece salvata qualche vita innocente, per la difficoltà pratica di abortire in queste settimane.

Sì, abbiamo anche “riscoperto” che nulla è scontato, nemmeno aprire la porta di casa e orientarsi con libertà, che non conta davvero esibire la capigliatura alla moda, il vestito di tendenza, l’auto nuova luccicante, la palestra quotidiana, la movida con gli amici.

Siamo altro, siamo oltre.        In questo cataclisma persino la nostra presenza ai riti religiosi è stata interrotta, mai era successo prima, nemmeno durante le pestilenze del passato od al tempo della tragica Spagnola del secolo scorso, che pure provocò circa 50milioni di morti nel mondo.        Se da un lato ciò ha attestato un senso di corresponsabilità civile condivisa tra Chiesa e Stato, umanamente apprezzabile, dall’altro non ha però consentito di marcare adeguatamente quella distinzione costitutiva irrinunciabile tra Dio e Cesare e la vocazione irrinunciabile stessa della Chiesa, che per natura e costituzione è volta al trascendente ed alla metafisica, ambiti che sola persegue.       Se la religione si fermasse infatti alla sola evidenza naturale delle cose si ridurrebbe ad essere una mera componente sociale etica e benpensante, ma i cristiani non sono e non potranno mai essere appiattiti sull’orizzonte di una Storia finita.

La Teologia ci insegna infatti che la corretta relazione tra Dio e Cesare, nella distinzione di ruoli e poteri, vede però in maniera incontrovertibile il primato di Dio, cui tutto è secondo, Lui solo alfa ed omega della Storia, nostro principio e fine ultimo.

Tutto si supera e si concilia se, da cristiani, poniamo al centro della vita ed a fondamento delle scelte pratiche la relazione esistenziale con Cristo della quale, la partecipazione alla Santa Eucarestia, è elemento imprescindibile ed irrinunciabile, pena il non essere compiutamente cristiani, col rischio concreto di incamminarci pian piano, chissà quanto inconsapevolmente, verso una religione unica globale, umanitaria ed indifferenziata che non è la religione di Cristo, né la fede dei Padri e della stessa Chiesa nei secoli.

Non saremmo più il “sale della Terra”, ma diventeremmo allora l’equivalente di uno “zucchero per diabetici”, tra i tanti disponibili.

Liberaci dal veleno (etimologia di “virus”) allora, Signore, che ci ha  duramente piegato e piagato in questi giorni, dal fascino del nulla e dell’effimero che tanto ci ha contagiati in questo nostro tempo, dacci il coraggio della testimonianza frutto di una fede salda e apri i nostri occhi perché possano vedere che tra tante macerie si intravede la possibilità di un mondo “nuovo”, dove le apparenze lasciano il posto alla sostanza, la finzione alla realtà, le vuote convenienze mondane a rapporti autentici e familiari, il primato arido del mercato alla centralità della persona umana e le scelte egoistiche di corto respiro all’inviolabilità della vita, sempre e comunque.

E che non si debba più essere costretti a scegliere a chi dare “ossigeno”, perché ad ogni età la vita ha un valore immenso incalcolabile e la stessa, pari, indisponibile dignità.

Si possa noi renderci conto che abbiamo sì peccato contro l’ambiente, come taluni affermano, ma in primo luogo abbiamo le mani sporche di tanto, troppo, sangue umano innocente.

Lo purifichi, una volta ancora, anche per noi, il rinnovarsi del sacrificio eucaristico, per la nostra vera, unica, sola, salvezza possibile.

Alessandro Piergentili

 

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